Nelle compravendite, prima ancora di parlare di aliquote dei tributi, occorre farsi una domanda: qual è il valore che viene tassato? Già la Finanziaria 2006 aveva portato una novità: per tutti i passaggi di mano di abitazioni tra privati il valore imponibile era divenuto, dal primo gennaio 2006, quello catastale dell'abitazione stessa.
Una disposizione un po' diversa da quella vigente fino al 2005, che imponeva la tassazione sul valore di mercato, anche se chi denunciava un valore pari, o superiore a quello catastale, evitava gli accertamenti del Fisco. Con il risultato che, se il valore reale a cui l'abitazione era stata alienata saltava fuori da una controversia qualsiasi (per esempio una lite tra venditore e compratore, oppure una impugnazione degli eredi del venditore) si rischiava di pagare tributi ben superiori, oltre sanzioni e multe.
Il valore catastale, ricordiamolo, si calcola moltiplicando per 110 (prima casa) o per 120 (altre abitazioni) la rendita catastale rivalutata dell'immobile. Per intendersi, si tratta del valore che ogni anno si denuncia sulla dichiarazione dei redditi, salvo il caso che l'abitazione sia affittata ad altri. Il valore catastale è, per le abitazioni, è in genere di gran lunga inferiore a quello di mercato (anche un terzo): ovvio quindi che permetta succosi (e, dal 2006, legittimi) risparmi sui tributi da versare.